I trulli di Alberobello sono tra le destinazioni più visitate della Puglia e più in generale del Sud Italia. Patrimonio dell’UNESCO dal 1996 si contraddistinguono per la loro forma conica e la loro particolare struttura priva di malta che li rendeva facilmente smontabili. A differenza delle cittadine limitrofe dove i trulli venivano per lo più usati come ricoveri per animali o per attrezzi e non come abitazioni private, Alberobello è l’unico paese al mondo conosciuto come città dei trulli.
Da dove deriva la parola trullo? Perché dovevano essere facilmente smontabili? Ecco alcune leggende e curiosità sui Trulli di Alberobello che forse non conoscevi.
Un mistero circonda ancora l’etimologia della parola trullo. Alcuni la associano al greco-classico tholoi, una cupola posta su una tomba. Altri rimandano le origini al torullos greco-bizantino, la sala a cupola del palazzo imperiale. Altri ancora pensano che si tratti di una semplice alterazione della parola latina turris. Va detto, comunque, che la parola trullo è un termine piuttosto recente e sicuramente di derivazione dotta e scientifica. Il termine con cui venivano chiamate queste costruzioni a secco, nell’Altosalento e in tutta la Murgia dei trulli, era semplicemente “casedda”, letteralmente piccola casa.
Il villaggio di Alberobello vanta costruzioni risalenti al XIV secolo. Quando l’editto Prammatica de Baronibus impose le tasse su ogni costruzione che utilizzava tra i suoi materiali la calce, il conte di Conversano ricorse a un’astuzia e ordinò costruzioni asciutte, senza malta, per renderle facilmente smontabili in caso di ispezioni governative. Nacquero cosi le famose chiancarelle, un vecchio esempio di costruzione illegale, oggi orgoglio italiano e bene Unesco.
Per costruire i trulli era necessario il coinvolgimento di maestri trullari. Si trattava di veri e propri specialisti che scavavano la terra fino ad ottenere un cerchio o un quadrato, e prima di posizionare le pietre in un girotondo sempre più stretti su accertavano di aver realizzato un fossato in grado di raccogliere l’acqua che cadeva dal tetto. L’intera struttura del trullo era edificata con pietra calcarea locale, presente nei terreni o facilmente estraibile da cave poste a limitata profondità. Sia la muratura di sostegno che il cono interno sono imbiancati con latte di calce.
Tra le caratteristiche dei Trulli emergono i pinnacoli, elementi cuspidati che ne chiudono la sommità della copertura conica. Per alcuni studiosi i pinnacoli sono una sorta di “marchio”, posto dai maestri trullari per contraddistinguere il proprio operato. Altri li considerano un semplice elemento decorativo prescelto dai proprietari della casa. Altri ancora riconducono le proprie origini a una primitiva simbologia magica. Il disco, la sfera, il cono, la piramide a base quadrata o triangolare e le altre forme che li caratterizzano, nell’antichità erano connesse al culto solare, praticato dai popoli agricoli primitivi e documentato in Puglia fino al primo secolo A.C.
La leggenda dei due trulli uniti come gemelli siamesi racconta una storia di amore e odio. La casa apparteneva a due fratelli, che si innamorarono della stessa donna; è stata promessa al più vecchio ma si è innamorata del più giovane.
Entrambi hanno continuato a vivere in casa ma questo è stato diviso e hanno creato due visioni opposte su due strade, un simbolo di vita che divide e aliena, nonostante la vicinanza fisica e legami di sangue.