Villaggio Bizantino Calascibetta
Sicilia | Beni archeologici

Villaggio Bizantino Calascibetta

Villaggio Bizantino, Contrada Casa del Mastro, Calascibetta, EN, Italia

328 374 8553

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Il Villaggio bizantino di Vallone Canalotto, sito di elevato interesse archeologico-naturalistico, si trova a pochi chilometri da Calascibetta, e si sviluppa in una vasta area in pendenza, protesa verso la Valle del fiume Morello. Grazie alla sua ricchezza d’acqua, alla fertilità dei suoi terreni e all’adattabilità dei suoi ripari in roccia, questo luogo è stato frequentato per molti secoli. Gli ambienti rupestri ancora visibili, scavati nell’arenaria e situati a diverse quote del vallone, testimoniano, infatti, una straordinaria continuità insediativa, che ha interessato il sito a partire dalla preistoria fino ai primi del ‘900. Le tracce più consistenti sono, tuttavia, quelle relative all’epoca bizantina, da cui deriva il nome di “Villaggio Bizantino”, preziosa testimonianza della dominazione avviata in Sicilia dall’Imperatore Giustiniano e durata dal 535 all’827 d.C. Mentre nelle epoche più remote, pare che gli aggrottati siano stati utilizzati dalle comunità locali principalmente per scopi funerari, con il verosimile arrivo di una comunità monastica proveniente dalla Turchia, le strutture rupestri di Canalotto sembrano cambiare destinazione d’uso e passare, quindi, ad una funzione abitativa. Il sito conserva, infatti, la contemporanea presenza di necropoli di età preistorica (tombe “a grotticella” di un periodo compreso tra la tarda età del Rame e l’età del Ferro), di epoca greco-arcaica (tombe “a camera”) e di periodo romano e tardo-antico (“arcosoli”, tombe “a forma” e “columbaria”, cripte con nicchie per la deposizione di urne cinerarie), poi rielaborate e trasformate, in età bizantina e medievale, in ambienti a carattere civile e religioso. Non si conosce l’esatto momento in cui la comunità bizantina si è insediata a Vallone Canalotto, adattando gli ambienti rupestri alle esigenze primarie, religiose e alle attività produttive (come si evince dalla presenza di due palmenti, di almeno una chiesa, di ambienti trasformati in romitori e in strutture di servizio), ma è ipotizzabile che sia giunta al tempo di una delle due ondate migratorie durante le quali i bizantini arrivarono in Occidente: durante la guerra greco-gotica, promossa dall’Imperatore Giustiniano per scacciare i Goti dall’Italia, oppure nel corso della lotta iconoclasta, avvenuta a Costantinopoli in seguito all’editto emanato dall’Imperatore Leone III Isaurico nel 726 d.C. che condannava il culto delle immagini sacre. Ad ogni modo, appare evidente l’impronta cristiana lasciata da questa comunità, forse basiliana, la cui regola prevedeva il cenobio, ovvero un tipo di vita comunitaria. Non sono pochi, infatti, i simboli cristiani incisi nella roccia tuttora visibili sulle pareti del nucleo centrale del villaggio e della chiesa, quest’ultima dall’impianto basilicale a due navate e con una iconostasi in pietra. In seguito, pare che il villaggio abbia vissuto una fase araba, testimoniata principalmente dalla presenza di un qanat, ovvero un sistema di gallerie sotterranee per la canalizzazione delle acque. Anche se non si conosce nulla della storia successiva, è presumibile la trasformazione del villaggio in una masseria, della quale permangono evidenti tracce di uso e sfruttamento intenso degli ambienti. Degno di nota è il contesto naturale in cui è ubicata l’area archeologica: immersa in un bosco di eucalipti e pini nell’area a monte, la zona a valle è invece caratterizzata dalla flora mediterranea tipica della zona, costituita da querce, perastri, mirti, pioppi neri, pioppi bianchi, olivastri, pistacchi selvatici, e da piante come timo, nepitella, mandragora, asfodelo, salsapariglia, pungitopo.

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